Chi era Naco
Jazzista, Session man, Etnico, Stile, Discografia…
Naco era il percussionista dei grandi interpreti italiani. I suoi suoni hanno lasciato il segno sui dischi di FABIO CONCATO, FABRIZIO DE ANDRÉ, FRANCO MUSSIDA, ELIO E LE STORIE TESE, IVANO FOSSATI, VINICIO CAPOSSELA, SERGIO CAPUTO e tanti altri.
Naco era anche un grande jazzista: ha suonato con tutti i piu’ grandi in Italia, ENRICO RAVA, DADO MORONI, LINEA C, TINO TRACANNA, PAOLO FRESU, FRANCO D’ANDREA.
Naco, ovvero Giuseppe Bonaccorso, è scomparso in un incidente stradale nel giugno 1996.Naco era una persona meravigliosa ed un musicista favoloso: aveva la possibilità di suonare senza che gli altri gli dicessero cosa fare – anzi – era ricercato soprattutto per il suo suono. La sua caratteristica principale era la poliedricità.
Infatti suonava il jazz e musica sudamericana, faceva il session man, si esibiva in un techno-duo con Christian Meyer, utilizzava anche la voce e l’elettronica.
Ha inciso un disco da solista e lo ha portato in tour, suonando completamente da solo.
…diconono di Naco
ELIO E LE STORIE TESE
Con la partecipazione di Pier Foschi (Jovanotti band) ed Ettore Fioravanti durante una cena al PercFest 1998 – memorial Naco
ROCCO TANICA: Naco aveva un sacco di amici, e li ha tuttora. Credo che fosse per via delle orecchie aereodinamiche. Tutti tacciono questo aspetto che meriterebbe essere approfondito.
ELIO: Naco era un grandissimo artista, all’insaputa di molti ha fatto con le percussioni delle cose che hanno dell’incredibile, per questo vale la pena continuare a dirlo.
ROCCO TANICA: Naco ha smantellato i luoghi comuni del modo di suonare le percussioni, mostrando i mille modi diversi in cui una cosa può essere suonata.
CHRISTIAN MEYER: Ha comunque lasciato un segno. Durante il concorso di PercFest, uno dei concorrenti (Valerio Galla, N.d.R.), ha usato moltissime delle tecniche di Naco: si accompagna con la voce facendola rientrare nelle timbales e dà vita a un suono molto simile a quello delle steel drum.
Naco ha iniziato a fare questo genere di esperimenti elettronici nel 1985.
ELIO: Anche Peter Erskine ha apprezzato il suo stile. Lo aveva visto durante un concerto della Biba Band a Milano, Naco aveva fatto un solo molto musicale con un tiro micidiale.
ETTORE FIORAVANTI: Ho suonato con lui in un disco di Tino Tracanna. Per me è sempre stato difficile suonare con dei percussionisti. Naco riusciva sempre a mettermi a mio agio. Essendo un virtuoso riusciba a conciliare la qualità del suono con l’attenzione agli altri musicisti: era morbido ma intenso.
CHRISTIAN MEYER: Era fantastico quando imitava i colleghi, in particolare Tullio De Piscopo. Conosceva tutti gli aneddoti di Tullio perché suo fratello, Rosario Bonaccorso, suona spesso con lui. Naco seguiva i concerti e captava il “The best of Tullio” della serata, che riproponeva in pullman durante i tour.
ROCCO TANICA: Nel nostro album “Eat the phikis” Naco effettua un’imitazione vocale di Tullio. Se si ascolta il brano “Mio cuggino” si sente lui che canta “Stichidi stichidi stchidà, ah”, Una tulliata totale!
ELIO: È la persona che ci ha fatto più ridere fra tutti quelli che girano insieme a noi.
ROCCO TANICA: Ci sono un’infinità di aneddoti e piccoli episodi. Durante un soundcheck della Biba Band, una situazione in cui si hanno pochi secondi per strumento, dopo che Elio ha provato il flauto è arrivato dicendo: “Guarda, pelle d’oca alta così”.
ROCCO TANICA: Aveva anche un’infinità di macchiette.
CHRISTIAN MEYER: Come la fantastica imitazione dell’orchestrale che non aveva più voglia di smontare il suo set.
ROCCO TANICA (imitando ROCCO TANICA che imita il fan di Naco): Senti sono anch’io un percussionista. Che pelli usi sulle timbales?
ELIO (imitando NACO che imita il percussionista nel dopo concerto): Va bene, ma lasciatemi stare adesso ragazzi! Ho suonato due ore, a tutto c’è un limite, adesso devo smontare!
ROCCO TANICA: Queste gag andavano avanti per ore perché tutti continuavamo ad aizzarlo.
ELIO: Ogni tanto spuntava da dietro un ampli facendo l’imitazione di un mio fan: “Elio. Elio! Ma sei Elio?” E continuava per ore a chiedermi l’autografo.
ROCCO TANICA: Insomma, era un vero cagacazzi. E quando tutto era finito lui tornava alla carica.
CHRISTIAN MEYER: Si è fatto le ossa nell’orchestra del Casinò di Sanremo, una situazione terra-terra, dove si imparano molte cose. La sua ironia, unita a questa esperienza, ha dato vita ai famosi “Tormentoni di Naco”: il capo orchestra che rompe i coglioni, i personaggi da camerino, la cantante un po’ troietta, e così via…
ELIO: Pensare che all’inizio era molto professionale. Mai avrei immaginato che fosse così. Dopo qualche anno che ci conoscevamo è uscito fuori questo lato del suo carattere.
FEIEZ: Era bravissimo a inventare gli strumenti. Una volta ha montato un set con un paio di scatole di legno al posto delle congas: suonavano benissimo, faceva anche lo slap e l’effetto del dito trascinato sulla pelle tesa.
ELIO: I primi tempi in cui suonava con noi ho fatto una gaffe incredibile. Quando c’è un percussionista io divento un rompigoglioni e vado a usargli tutte le percussioni e gli aggeggi. Naco aveva fabbricato uno strumento che aveva un suono stranissimo, come un uomo che urla. Ho incominciato a girarlo e gliel’ho rotto! Ho tentato di aggiustarlo ma non andava più come prima: non ha detto niente ma mi ha odiato sicuramente.
CHRISTIAN MEYER: Usava anche la canalina dei fili del telefono per ottenere dei suoni (si può ascoltare anche nei dischi “Macramé” di Ivano Fossati, “Anime salve” di Fabrizio De André e nel suo cd solista “Naco”, N.d.R.).
Anche il percussionista Manolo Badrena utilizza uno strumento del genere, infatti Naco aveva una conoscenza mostruosa dei percussionisti più fini: Badrena è uno di questi. A volte usava frasi tipo “ora faccio una cosa badrenata”. Badrena è un istintivo, fa delle cose pazze.
FASO: Avevamo suonato con la Biba Band, ed io avevo perso il frontalino dell’ autoradio. Durante il viaggio io ero incazzato per questo motivo, anche perché era un modello particolare e avrei dovuto cambiare tutto. Per tutto il viaggio lui ha provato a parlare del concerto: “La serata è andata bene, hai visto che roba!”
Dopo mezz’ora di incazzatura mi telefona Alex Baroni dicendomi cha aveva preso per errore il frontalino che cercavo. Io mi sono prontamente rasserenato e lui ha fatto: “Ora però posso dirtelo, l’atmosfera sul palco era un po’ pesantina”!
ETTORE FIORAVANTI: Ha avuto il coraggio di rasarsi a zero per primo, anni fa, questo gesto ha risolto molti problemi ai musicisti scarsamente dotati di capelli. Con qualche svantaggio: al festiva jazz di S. Vito lo Capo dopo tre giorni di sole era completamente arancione in testa.
FASO: Lo chiamavamo “Naco Orso Caco” e lui si incazzava.
FEIEZ: Poi abbiamo abbreviato in “Orso”, ma lui si incazzava lo stesso, così è diventato “Orso Maria Gorretti”, un misto fra Orso Maria Guerrini e santa Maria Gorretti.
FASO: Comunque non apprezzava per niente…
PIER FOSCHI: Naco era scomparso da poco e io ero a suonare con Saturnino. Mentre eseguivamo in un concerto al chiuso il brano “Gulliver”, un pezzo in cui Naco aveva una bella parte, è entrata una farfalla e si è posata sopra un rack davanti a noi. Finito il pezzo la farfalla si è alzata e se n’è andata. Mi piace pensare che quella farfalla fosse lui.
ELIO, ROCCO TANICA, CHRISTIAN MEYER: Molti hanno la sensazione che lui sia nascosto da qualche e si stia facendo un sacco di risate lì dietro.
PIER FOSCHI: Una ragazza brasiliana mi ha raccontato un proverbio: “Quando sono nato tutti ridevano e io piangevo. Quando sono morto tutti piangevano e io ridevo”.
Noi Bonaccorso siamo un’antica e famosa casata di batteristi” dice scherzando Rosario, fratello di Naco.
“Seguendo mio fratello – ribatte Naco – ho imparato a suonare le percussioni”.
E racconta: “A 16 anni ho cominciato ad andare a curiosare alle prove del suo gruppo. Una sera è arrivato anche un ragazzo con un paio di bonghetti malridotti: sono stato subito stregato da quello strumento, quel momento ha cambiato la mia vita; da quella sera non ho più smesso.
I primi anni da musicista sono tutti dedicati al jazz. In trio con il fratello ed il pianista Riccardo Zegna partecipa a varie rassegne, arrivando gradualmente a suonare festival di Nizza, Alassio e in Umbria.
Fin dai primi tempi Naco evidenzia uno stile personale, ricco di influenze provenienti da vari generi musicali, il jazz, il Brasile, Cuba e – perché no – il rock. L’originalità del suo drumming non passa inosservata, dandogli la possibilità di suonare spesso e con molta libertà di espressione. Si esibisce in trio con il pianista Franco D’Andrea ed il trombettista David Boato (Current Changes), in una situazione musicale dove i brani di D’Andrea lasciano molta apertura all’interno delle strutture.
Poi un settetto con lo stesso D’Andrea, Gianni Cazzola alla batteria, Glenn Ferris al trombone, Tino Tracanna al sax, Attilio Zanchi al basso, Saverio Tasca al vibrafono.
Con Tino Tracanna incide ancora in trio (Games, insieme a Massimo Colombo, tastierista di Linea C) ed in gruppo insieme a Tracanna, Colombo, il contrabbassista Paolino Dalla Porta, il batterista Francesco Petreni, Bebo Ferra alle chitarre, Paolo Fresu e Emilio Galante ai fiati.
La partecipazione ai dischi di Linea C, il gruppo di Calloni, Cerri e Colombo, gli dà anche l’occasione di cimentarsi in situazioni elettriche di alto livello e grande tensione. Dal primo disco del trio (Linea di confine, del 1993) nasce un duetto destinato a far accapponare la pelle agli spettatori: Walter Calloni e Naco, batteria e percussioni in libertà: energia, e tecnica che si incontrano in clinic improvvisate e geniali.
In ambito jazz la situazione più familiare è certamente il “Latino suite”, con Rosario Bonaccorso al contrabbasso e Dado Moroni al piano. Lo stile ibrido di Naco, che mescola batteria e percussioni, acustico ed elettronico, Brasile e Cuba, America ed Europa, contrasta evidentemente con l’impostazione jazzistica tradizionale degli altri due musicisti, ma non stride, anzi completa e rende viva una situazione che altrimenti sarebbe solo di ordinario (altissimo) livello.
La ricerca del suono, la sfida con gli strumenti, l’improvvisazione audace e istintiva sono le caratteristiche che rendono il “Latino suite” un caso unico in Italia per le potenzialità innovative e creative che esprime nell’interpretare i tradizionali standard di jazz. Al trio si unisce a volte un altro musicista d’avanguardia, il trombettista Enrico Rava, uno dei jazzisti italiani più conosciuti all’estero.
“Naco da Imperia”.
Così lo presentava a gran voce Fabrizio De André durante i lunghi tour prima nei palasport, poi nei teatri. Tour faticosi per un musicista abituato a improvvisare e costretto a mantenersi entro ferrei binari.
Lavorando da turnisti è importante saper suonare pochissimo – conferma – con molta precisione e cura della semplicità, adattandosi alle esigenze dell’artista.
Specialmente i grandi arrangiatori come Vince Tempera vogliono da te sempre delle parti ben determinate.
Questa grande duttilità lo ha fatto diventare il percussionista più ricercato in studio e dal vivo.
“Ho lavorato con un’infinità di artisti-racconta-Concato, Branduardi, Caputo, i Pitura Freska, il chitarrista della Pfm Franco Mussida, Teresa De Sio, Kaballa, Maurizio Lauzi.
Con Jovanotti ho suonato in studio e dal vivo, ho registrato due album con Elio e le storie tese suonando anche dal vivo con loro.
I profeti italiani della canzone d’autore lo chiamano spesso per i loro lavori, Fabrizio De André lo ha coinvolto in “Anime Salve” e Ivano Fossati lo ha voluto insieme a Trilok Gurtu nel suo ultimo album “Macramé”.
La televisione, infine, ha portato una rivoluzione nella musica: gli spot pubblicitari, sempre più sofisticati, pongono spesso fondamento nella colonna sonora, e Naco ha fatto di questo campo una delle sue specialità.
“C’è una grande gratificazione quando ti fanno sentire il tema di un jingle e poi ti chiedono di suonare quello che vuoi, secondo il tuo gusto: vuol dire che chiamano te come musicista e non come mero esecutore”
Brasile e Cuba sono i luoghi di riferimento per ogni percussionista: Naco non sfugge certo alla regola, ma parte da un approccio più musicale che strumentale.
Conosce i grandi percussionisti, ma ama soprattutto la musica di Joao Gilberto e Milton Nascimento.
“Joao Gilberto – spiega – è un chitarrista brasiliano con un equilibrio sonoro formidabile, finalizzato esclusivamente alla musica senza concessioni a nient’altro.
Mi affascina il gusto particolare che mette nell’indipendenza fra la chitarra usata come base e la voce che canta tutta spostata rispetto alla ritmica, con poche variazioni ma molto ricercate”.
Per le percussioni fa riferimento a due grandi maestri. Nana Vasconcelos e Mino Cinelu. “Amo anche Airto Moreira, ma alcuni suoi ultimi lavori mi hanno un po’ deluso. Airto è un grande che ha lasciato il segno – incalza – ma lascia sconcertati per la povertà espressiva di alcune sue esibizioni”.
Sul versante cubano sono evidenti le influenze lasciate dal pop e dal rock latino di Santana e dei suoi maestri percussionisti Armando Peraza e Mongo Santamaria. E spiega così i suoi studi: “Pur essendo autodidatta conosco abbastanza bene le tecniche cubane e brasiliane ed ho suonato senza problemi assieme a musicisti sudamericani. Dal punto di vista scolastico ho qualche pecca, non sono un musicista etnico”.
Per oltre dieci anni Naco si esibisce con “Outro lado”, un trio di musica brasiliana con Beppe Fornaroli alla chitarra e Barbara Casini alla voce ed alle percussioni. Il trio Outro lado ha anche realizzato un disco e ha collaborato in un lavoro di Luigi Bonafede.
La naturale sintesi di tutte queste esperienze latine e jazz si è concretizzata in un compact disc.
Naco, questo è il titolo dell’album, è un lavoro dedicato alle radici del suo suono, che suggella l’incontro delle differenti culture musicali, dagli indios dell’Amazzonia a Cuba, alla Tasmania e – ovviamente – all’Italia.
Nel suo album il percussionista di Imperia suona quasi tutti gli strumenti, facendosi accompagnare occasionalmente da musicisti di rilievo: Demo Morselli e David Boato alla tromba, Tino Tracanna al sassofono, Riccardo Luppi ai flauti, Salvatore e Luigi Bonafede al piano.
“Naco” è un album di world music, ma anche un omaggio alle origini musicali dell’autore, un atto di amore nei confronti di chi ha dato tanto alla musica ed alle percussioni.
Spesso i suoi brani nascono partendo da un pattern percussivo, su cui disegna la melodia ed improvvisa i suoni ed il canto, una tecnica che può usare anche dal vivo grazie ad una straordinaria indipendenza “a cinque”, fra mani, piedi e voce. Ne è un esempio “Volando con Milton”, brano in cui, su un tappeto eseguito da un tamburo bodhran irlandese si innestano prima uno slit drum, poi alcuni colori ed infine una chitarra accordata aperta e la voce.
Ma Naco non è solo musica latina. La sua originalità si è vista anche nel duo “elettrico” con Christian Meyer, batterista di Elio e le storie tese. Il duo suonava live strumenti acustici e percussioni triggerate, creando una sonorità completa di armonie in cui la batteria triggerata è in grado di formare melodie, mettendo, ad esempio, timbriche da basso sulla cassa e sui tom. “Il risultato finale – spiega Naco – è il suono di un bassista sobrio, con un batterista di gusto, un tastierista parco e, naturalmente, un percussionista”.
“Naco – spiega Rocco Tanica, tastierista di Elio – ha smantellato i luoghi comuni del modo di suonare le percussioni, mostrando i mille modi diversi in cui una cosa può essere suonata”. Questa prerogativa viene aiutata anche della capacità di inventare gli strumenti: “Una volta – racconta Feiez, un altro musicista di Elio – ha montato un set con un paio di scatole di legno al posto delle congas: suonavano benissimo, faceva anche lo slap e l’effetto del dito trascinato sulla pelle tesa”.
Canalette del filo elettrico, molle, pezzi di latta ed ogni sorta di piatto rotto servono per costruire aggeggi di tutti i generi, dal suono affascinante o aggressivo.
Ascoltando gli album “Anime salve” di Fabrizio De André e “Macramé” di Ivano Fossati ci si può rendere conto di quanto questi nuovi suoni siano efficaci.
Un’altra sua qualità è la capacità di mettere a proprio agio gli altri musicisti. Racconta il batterista Ettore Fioravanti: “Ho suonato con lui in un disco di Tino Tracanna. Per me é sempre stato difficile suonare con dei percussionisti.
Naco riusciva sempre a mettermi a mio agio. Essendo un virtuoso, riusciva a conciliare la qualità del suono con l’attenzione agli altri musicisti: era morbido ma intenso”.
La prima cosa che colpisce guardando suonare Naco é l’indipendenza delle mani. La sorpresa è ancora maggiore quando al normale set si aggiungono i pedali (cassa e trigger) e la voce. Un concetto di indipendenza a 360 gradi, sviluppato per favorire il regolare fluire dell’accompagnamento. “Quando si è l’unico percussionista di un gruppo, si verifica spesso che, per cambiare strumento, si sia costretti ad abbandonare il tappeto ritmico di base, creando un momento di vuoto. E’ sgradevole lasciare una base fatta con una percussione, ad esempio le congas, per poi inserirne un’altra; a volte questo nuoce alla musicalità dei pezzi. La tecnica che ho sviluppato mi permette di sostenere con una mano un tappeto ritmico, lasciando libera l’altra di inserire un altro strumento con un nuovo groove o con variazioni libere, rispettando così le dinamiche musicali”.
Un’applicazione della tecnica di indipendenza è il cosiddetto “piano superiore”, un metodo di accompagnamento con l’hi-hat in sedicesimi. Sullo stesso stand vengono sovrapposti due hi-hat chiusi in modo che la bacchetta possa colpire la parte superiore di uno e la parte inferiore dell’altro.
Con questo piccolo trucco si acquista velocità e sono permesse figurazioni che normalmente una mano sola non può eseguire. Giocando poi sul suono dei tamburi, usando ad esempio una zabumba come grancassa ed un tarol come rullante, è possibile sostenere con una mano sola un tempo di batteria in 4/4 con gli ottavi sul charleston in levare.
La disposizione del set è ovviamente funzionale alle tecniche di Naco: tutti gli strumenti che si suonano con le mani sono a sinistra e quelli con le bacchette a destra.
Gli strumenti utilizzati variano secondo il contesto musicale. Nel jazz spesso spunta una cassa o una piccola batteria, oppure qualche nuova percussione della Remo, oltre agli strani oggetti suonanti di Pete Engelhart. “Vario spesso il mio set di percussioni – dice Naco – mi piace improvvisare, spesso cambio anche la disposizione dei vari strumenti per avere più gusto nella ricerca del suono”.
Oltre alle percussioni ed ai piatti della Ufip, il set comprende anche alcune elettroniche, percussioni triggerate, pedali, multieffetti applicati alla voce, un octopad della Roland. La voce è filtrata da multieffetti Yamaha tipo SPX 90, REX 50, UB 70 o GP 40 e riverberata da campionatori JamMan Lexicon; i trigger sono pilotati da expander Yamaha, Roland e Korg.
DISCOGRAFIA
FRANCO D’ANDREA – Current changes
FABIO CONCATO – In Viaggio
FABRIZIO DE ANDRÉ – 1991 concerti
FRANCO MUSSIDA – Racconti della tenda rossa 1991
GIANCARLO PARISI – L’otre di Eolo 1992
ELIO E LE STORIE TESE – Italian, rum casusu çikti 1992
MASSIMO COLOMBO – Tino Tracanna Naco Games 1993
LINEA C – Linea di confine 1993
TINO TRACANNA – Arcadia 1994
VINICIO CAPOSSELA – Camera a Sud 1995
NACO – Naco 1995
LINEA C – Mappa di un possibile viaggiatore 1996
ELIO E LE STORIE TESE – Eat the phikis 1996
IVANO FOSSATI – Macramé 1996
FABRIZIO DE ANDRÉ – Anime Salve 1997